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Immagine del redattoreSalentistica.it

Il Tarantismo

Il Tarantismo, questo affascinante rituale, legato al morso della taranta, rappresenta un mix unico di folklore, medicina popolare e spiritualità.

Ma cosa succede quando una persona viene "pizzicata" dalla taranta? Secondo la credenza, il morso del ragno provocherebbe una condizione di malessere fisico e psicologico, una sorta di "avvelenamento dell'anima". I sintomi includono tremore, agitazione, malinconia e un irrefrenabile bisogno di ballare.

Ed è proprio la danza il cuore pulsante del Tarantismo. I "tarantati", le persone colpite dal morso, vengono condotti in un luogo aperto dove musicisti esperti intonano la "pizzica", una musica tradizionale dal ritmo frenetico e ipnotico. Al suono di tamburelli, violini e organetti, i tarantati cominciano a ballare senza sosta, in una sorta di trance liberatoria.

La pizzica non è solo una semplice danza, ma una vera e propria terapia dell'anima. Attraverso il movimento e il sudore, i tarantati espellono il "veleno" della taranta, liberandosi dai mali che li affliggono. La musica diventa un ponte tra il mondo terreno e quello spirituale, una via d'accesso a una dimensione di guarigione e rinascita.

Il Tarantismo non è solo un rito individuale, ma un momento di condivisione e solidarietà per l'intera comunità. Parenti, amici e vicini si riuniscono attorno al tarantato, offrendogli supporto e partecipando attivamente alla danza. Questa esperienza collettiva rafforza i legami sociali e crea un senso di appartenenza profonda alla terra e alle tradizioni del Salento.

Oggi, il Tarantismo sopravvive come una preziosa testimonianza della cultura salentina. Anche se il morso della taranta non è più temuto come un tempo, la pizzica continua a essere ballata nelle feste popolari e nei festival, attirando appassionati da tutto il mondo. La Notte della Taranta, in particolare, è diventata un evento di risonanza internazionale, celebrando la musica, la danza e lo spirito indomito del Salento.


Nel 1959, l'antropologo italiano Ernesto De Martino si imbarcò in un viaggio che avrebbe cambiato per sempre la percezione del Tarantismo, antica tradizione radicata nel cuore del Salento. La sua opera seminale, "La Terra del Rimorso", rappresenta un'esplorazione profonda e affascinante di questo fenomeno, un mix unico di folklore, medicina popolare e ritualità.



De Martino ci guida attraverso le storie delle "tarantate", donne (e a volte uomini) che, secondo la credenza popolare, venivano "pizzicate" dalla taranta, un ragno velenoso il cui morso provocava una condizione di malessere fisico e psicologico. I sintomi includevano tremore, agitazione, malinconia e un irrefrenabile bisogno di ballare.

Ma il Tarantismo, ci insegna De Martino, non è solo una malattia da curare, ma un rituale di guarigione profondamente radicato nella cultura salentina. Attraverso la musica e la danza, le tarantate trovavano un modo per esprimere e superare il loro "rimorso", un concetto che l'antropologo lega alle tensioni sociali e alle contraddizioni della vita contadina.

La "pizzica", la danza tradizionale al centro del rituale, diventa in questo contesto una forma di esorcismo, un mezzo per liberare l'anima dal "veleno" della taranta e dalle sofferenze della vita. De Martino descrive le lunghe sessioni di danza, spesso della durata di giorni, in cui le tarantate, al suono ipnotico di tamburelli, violini e organetti, entravano in uno stato di trance liberatoria.

Ma "La Terra del Rimorso" non è solo un resoconto etnografico; è un'opera che scava nelle profondità dell'anima salentina, rivelando le complesse dinamiche sociali, culturali e psicologiche che si celano dietro il Tarantismo. De Martino ci mostra come questo rituale sia intimamente connesso al ciclo della vita e del lavoro nella società contadina, un mezzo per affrontare le crisi e le transizioni esistenziali.

Attraverso le pagine di questo libro, il Tarantismo emerge come un fenomeno multisfaccettato e sfuggente, che resiste alle semplici categorizzazioni. È una malattia o una cura? Un rito pagano o una forma di religiosità popolare? Un'espressione di sofferenza individuale o un dramma collettivo? De Martino ci invita a considerare tutte queste possibilità, a immergerci nelle complessità di questa tradizione.

Oggi, a più di 60 anni dalla pubblicazione de "La Terra del Rimorso", il Tarantismo continua a esercitare un grande fascino. Anche se il morso della taranta non è più temuto come un tempo, la pizzica sopravvive come una vibrante espressione della cultura popolare salentina, attirando appassionati e curiosi da tutto il mondo.


Ogni anno, il 29 giugno, nella cappella di San Paolo della Basilica di Santa Caterina, si rinnova questo antico rituale legato al fenomeno del tarantismo, un mix unico di folklore, medicina popolare e religiosità.



Secondo la credenza popolare, le donne "pizzicate" dalla taranta, un ragno velenoso che si nasconde tra i campi di grano, cadevano in uno stato di malessere fisico e psicologico, caratterizzato da tremore, agitazione e un irrefrenabile bisogno di ballare. L'unica cura possibile era recarsi a Galatina, nella cappella di San Paolo, dove le tarantate ballavano freneticamente al suono della pizzica, la musica tradizionale salentina, fino a raggiungere uno stato di trance liberatoria.

Il rito delle Tarantate di Galatina affonda le sue radici in un lontano passato, forse addirittura in antichi culti pagani legati al dio Dioniso e alle sue seguaci, le Baccanti. Con l'avvento del Cristianesimo, questi riti si fusero con il culto di San Paolo, il santo che, secondo la leggenda, fu morso da una vipera durante il suo viaggio a Malta ma sopravvisse miracolosamente. Le tarantate, identificandosi con San Paolo, cercavano la guarigione attraverso la fede e la danza.

Il rito raggiungeva il suo apice il 29 giugno, giorno della festa dei Santi Pietro e Paolo. Le tarantate, vestite di bianco, si radunavano nella cappella e iniziavano a ballare al suono ipnotico dei tamburelli, dei violini e degli organetti. La danza poteva durare ore o addirittura giorni, fino a quando le donne non cadevano esauste a terra, "guarite" dal veleno della taranta.

Come ha evidenziato Ernesto De Martino nel suo seminale studio "La terra del rimorso", questi fenomeni erano profondamente radicati nelle condizioni sociali ed economiche del Salento rurale. Le tarantate erano spesso donne ai margini della società, oppresse da povertà, lavoro duro e dinamiche familiari patriarcali. Il tarantismo offriva loro uno spazio di espressione e liberazione, un modo per esternare e superare le sofferenze attraverso il linguaggio simbolico della danza e della musica.

Anche se le vere "pizzicate" dalla taranta sono ormai rare, ogni anno a Galatina si rinnova il ricordo di questa antica pratica. Nella cappella di San Paolo, musicisti e danzatori si esibiscono in un'appassionata rappresentazione del rito, attirando visitatori e curiosi da tutto il mondo.

Assistere al rito delle Tarantate di Galatina è un'esperienza che tocca corde profonde dell'anima. È un tuffo in un mondo antico, dove la fede, la musica e la danza si fondono per creare un potente strumento di guarigione e liberazione. È un ricordo del potere trasformativo dei rituali, della resilienza dello spirito umano di fronte alle sfide dell'esistenza. Perché, come ci insegnano le Tarantate, anche dal "veleno" più amaro può nascere la dolcezza della rinascita.

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